mag 6, 2015

Grazie don Piero!


Don Piero Melotto saluta la Thailandia dopo quasi 18 anni di servizio "fidei donum" in questa terra. 
Categoria: General
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Don Pietro è stato in Thailandia per quasi 18 anni. 18 anni a cavallo del terzo millennio equivalgono quasi come alcuni secoli nel medioevo. Se solo pensiamo alla tecnologia, alla geografia, alle idee ci si accorge che i cambiamenti sono stati più che radicali, e in alcuni casi, drammatici. Don Pietro li ha dovuti affrontare in questa ‘terra del sorriso’. All’inizio il suo servizio ha accompagnato i villaggi irraggiungibili dei vari gruppi etnici di Chaehom. Oggi le strade e le strutture pubbliche sono presenti e hanno trasformato la situazione. Gli strumenti a disposizione sono cambiati anno dopo anno obbligandolo a rifare materiali pastorali che si credeva potessero servire vari anni (catechesi, fascicoli, powerpoint,..). All’inizio don Pietro ha goduto del consiglio di missionari esperti e amici come il PIME, poi ha dovuto essere guida di altri nuovi confratelli. La missione è cresciuta di possibilità e ha aperto nuove strade di apostolato: si è aperto a Lamphun, la diocesi ha richiesto servizi nuovi, l’evoluzione della situazione sociale thailandese ha stravolto lo stile classico del vivere delle persone. La stessa riflessione missionaria mondiale ha elaborato nuovi metodi di testimonianza e di azione. Sono cambiati vescovi, direttori dei Centri missionari del Triveneto e referenti. Anche la crisi economica ha obbligato ad adeguare gli impegni assunti alle dimensioni sostenibili (pensiamo alle adozioni a distanza che don Pietro ha promosso). In tutto questo don Pietro ha anche vissuto la sua evoluzione personale: è stato segnato dalle fragilità fisiche, è stato provato da fatti repentini e dolorosi (la morte di don Bordignon suo compagno di classe), è entrato nell’età della pensione, … In tutti questi cambiamenti va sottolineata la fedeltà di don Pietro ad alcune costanti. Nominandone solo alcune, per le quali noi missionari restiamo ammirati, vogliamo incoraggiare i lettori e i sacerdoti della diocesi a stimare l’esperienza fidei donum non tanto come fuga dalle sfide locali o ricerca di situazioni pastorali semplificate, al contrario come disponibilità a vivere gli stessi ideali cristiani in contesti che obbligano alla docilità spirituale.

Don Pietro è stato fedele ai poveri. Le sue scelte operative, i suoi atteggiamenti, i suoi ‘investimenti’ hanno avuto le persone semplici come riferimento. I poveri sono i più amati da Dio e sono il criterio di verifica dell’autenticità del Vangelo. Da come si accolgono, si cercano, si conoscono e si comprendono i semplici l’apostolato diventa credibile e il Regno di Dio mette radici.

Don Pietro è stato paziente. Le varie sfide che la vita ha presentato di suo, che la Chiesa ha segnalato e che si sono aggiunte ai problemi legati a incomprensioni e a peccati altrui non hanno vinto la tenacia di don Pietro. Le prove, normali ed extra, che possono fiaccare il fisico sono state assunte con umiltà e spirito di sacrificio.

Don Pietro è stato sempre aperto a nuove prospettive. Stupisce in lui il costante studio della cultura, l’apprendimento continuo della lingua, la disponibilità a situazioni nuove, il desiderio di frontiere inesplorate. Da Chaehom, con la varietà delle tradizioni ancestrali, i costumi e i modi di ragionare, fino a Phrae e Lamphun, con le tradizioni buddiste, la mescolanza di religioni, i ritmi di vita diversi, don Pietro ha mantenuto, da eterno studente, il gusto dell’inculturazione, la passione per la comprensione delle cose e delle persone.

Di tutto questo e di molto altro, noi missionari, suoi attuali compagni, siamo grati a lui e alla Diocesi di Vicenza che l’ha condiviso con noi e con Chiang Mai.