Sabato sera mi chiama Chatupo, un uomo birmano che avevo incontrato nei primi giorni di presenza a Lamphun: aveva partecipato alla messa quando ancora celebravamo in casa; per due domeniche era venuto e poi scomparso, aveva cambiato luogo di lavoro, da un allevamento di maiali a non so quale altro lavoro. Mi chiede se domenica pomeriggio possono celebrare la messa nella nostra cappella (allora una stanza in mezzo al mercato) per il gruppo dei birmani: verrà un loro prete, birmano.

            Felice di poter aprire le porte della nostra bottega-cappella, mi trovo pontuale all'appuntamento. Guardano intorno e poi non senza timore mi dicono che per questa domenica hanno già chiesto di essere accolti in una chiesa protestante. Capisco subito che la nostra cappella è troppo piccola e non è adatta ne’ al numero ne alle attivita’ che desiderano svolgere.

            Così vado anch’io con lui alla chiesa protestante che sorge proprio a pochi chilometri di distanza. E' una piccola congregazione dalla Corea; porta un nome che dice anche lo scopo: “Chiesa birmana di Lamphun”. La guida un giovane pastore che non parla il thai e pochissimo l’inglese ma è abbastanza sciolto in birmano! I membri sono pochi, una quindicina, ma gli ambienti grandi, immensi se confrontati alla nostra cappella bottega.

            I birmani arrivano po' alla volta: chi in moto, chi ha affittato un “songthaew” assieme ad amici...

Vengono da Lamphun, da Chiangmai, da Maehonsong...sono tutti giovani o molto giovani. Sposati, qualcuno con figli. All’inizio della celebrazione conto sessanta presenze: certo che non bastava la nostra cappella! Le donne in chiesa portano il velo. Prima della messa tutti si confessano e tutti faranno la comunione. Mi colpisce il loro canto: la messa è tutta cantata dal saluto iniziale fino al congedo, includendo la preghiera dei fedeli e il canone. Cantano a una sola voce ma molte voci: le preghiere, i canti, le risposte sono in tono solenne, forte.

            Mi avevano appena raccontato quanto la loro vita è difficile: molti non hanno documenti, lavorano per qualsiasi ricompensa e non possono reclamare. Spesso il posto di lavoro e’ anche posto di residenza: escono solo per partecipare alla messa una volta al mese. Alla fine della messa, mettono insieme il ciboche anno portato e si fermano a mangiare e chiacchierare.

            Tornando a casa ripenso a questo incontro: come la loro fede, l’essere comunitaà è la loro forza, la loro speranza. Mi risuonano dentro i loro canti: sessanta persone sessanti voci all'unisono. Mi vengono alla mente le parole del salmo “come cantare i canti di Sion in terra straniera?”

... ma loro, “i canti di Sion in terra straniera” li cantano a voce alta e forte, sono la loro forza e l’espressione della loro speranza.