Abbiamo incontrato Supattra Jairew una ragazza di 22 anni della parrocchia di Cheahom che sta studiando catechetica presso la Facoltà Teologica a Bangkok. La sua famiglia è l’unica famiglia cattolica del suo villaggio, vivendo quindi tutta la fatica di professare la fede cristiana dentro un contesto buddista. 

La nostra parrocchia la sta sostenendo negli studi in modo da contribuire ad avere una persona formata a servizio della catechesi diocesana e parrocchiale.

 

 

 

 

 

 

 

Come ci si sente essere cristiani dentro un contesto buddista?

Quando ero bambina mi vergognavo di mostrare che ero cattolica perchè i miei amici erano tutti buddisti. Poi quando sono venuta a vivere nel Centro di Chaehom ho capito molto di più l’insegnamento di Gesù e ho avuto occasione di frequentare le catechesi alla domenica. Da allora non ho più avuto problemi nel mostrare che ero cattolica. Ora, che sto studiando catechetica, sento che non solo devo dire agli altri che sono cattolica, ma devo dimostrare attraverso le parole e gli atteggiamenti che sono figlia di Dio. Ora vorrei essere una buona discepola di Gesù, stando vicino a lui, per poi aiutare nella trasmissione del suo Vangelo.

 

Ciò che stai studiando, ti sta aiutando a crescere anche nella fede e nella conoscenza di te?

Certo, perchè sto studiando diverse materie che mi fanno crescere nella conoscenza della Parola di Dio e di Gesù.  Ora inizio a capire di più la Bibbia, la storia, ciò che Dio vuole trasmettere agli uomini. Una volta leggevo la Bibbia come una serie di storie, ora invece ne capisco di più l’origine e il significato.

 

Quale pensi sia la differenza tra i cattolici e gli altri?

Penso che chi crede davvero in Gesù si distingue da coloro che credono in altre religioni perchè è capace di amare gli altri e perdonare, accogliendo tutti, anche quelli che non conosce direttamente. Abitualmente i thailandesi sono conosciuti per il particolare senso di ospitalità nei confronti degli altri, ma coloro che sono cattolici sono chiamati ad amare e a perdonare in modo più ampio. 

 

Come pensi sarà il cattolicesimo in Thailandia nel futuro?

Il problema più grosso che vedo è che la Thailandia si sta sviluppando molto, c’è molta più tecnologia, ci sono molte cose materiali che fannno sì che il senso religioso diminuisca. Se noi non saremo forti nella fede, non ci sarà più nessuno che verrà in chiesa alla domenica. Per questo una cosa importante è che noi dobbiamo essere tutti fedeli: preti, suore, laici, catechisti. Dobbiamo essere forti e saldi nella fede per aiutare i fratelli ad essere saldi e combattere con il mondo attuale che ci porta a preferire le cose e i soldi rispetto alla fede. Dobbiamo essere testimoni di fede per gli altri. 

 

Cosa ti ricordi di bello della tua esperienza nel Centro di Chaehom?

A Chaehom tutto è davvero bello! Ma la cosa che mi manca di più quando penso al Centro  di Chaehom è l’amore che abbiamo ricevuto dai sacerdoti che sono venuti da distante per lavorare qui. Si sono presi cura di noi, e non solo dei cattolici, ma di tutti. Poi non solo si sono presi cura di noi ragazzi, ma anche della nostre famiglie, dei villaggi, indicandoci una strada buona da seguire nella vita.

 

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Quando ero bambina volevo essere una insegnante, un dottore o un giornalista, ma quando don Bruno mi ha proposto di andare a studiare catechetica, subito mi sono sentita confusa, però poi ho capito che in fondo l’insegnante è colui che insegna, il dottore è colui che si prende cura degli altri. Diventare catechista è un po’ come diventare dottore, dottore che si prende cura dell’anima degli altri, è come diventare insegnante, che trasmette l’insegnamento di Gesù. Per questo il mio desiderio del futuro è aiutare gli altri a conoscere di più Dio, a conoscere cosa significa vivere da cristiani.

Poi avrei il sogno di andare aiutare la gente povere in Africa, magari dopo aver approfondito gli studi a Roma... ma questo è un mio sogno, non so se sarà possibile.

 

Un ultima domanda. Cosa vorresti dire ai cattolici in Italia?

Un tempo pensavo che gli italiani e gli europei fossero persone che hanno una grande fede, fossero come dei santi, ma poi ho scoperto che, come in Thailandia, pur avendo una grande tradizione religiosa, non sono molto interessati alla religione. Una cosa che mi sentirei di dire è di condurre una vita salda nella fede e alla sequela di Gesù, sempre e in ogni situazione. La cosa importante non è professarsi cristiani, ma essere testimoni di Gesù con la vita e le azioni.