Abbiamo incontrato Jonchor Keawma, in occasione della sua presenza al campo vocazionale diocesano dello scorso anno che si è svolto nella nostra parrocchia.Jonchor è un giovane della nostra parrocchia che è in cammino per diventare sacerdote nel Seminario nazionale. Attualmente frequenta il quarto anno di teologia e fra tre anni dovrebbe essere ordinato nella nostra diocesi di Chiangmai. 

Com’è che sei diventato cristiano?

Non sono cattolico fin da bambino il mio nonno materno era un convinto credente buddista ed era anche una specie di sciamano, aveva la fama di scacciare gli spiriti. Mio papà invece era un coreano del sud che si è sposato con mia mamma in Thailandia. E’ stato in Thailandia circa 25 anni prima di morire. Mio papà era già cristiano, ma non poteva testimoniare apertamente la sua fede, perché mio nonno aveva una forte influenza sulla famiglia. Quando mio nonno materno morì, allora mio papà ha iniziato a farci conoscere apertamente il cristianesimo. Mia mamma era d’accordo e insieme hanno provato a contattare il sacerdote per invitare il catechista a venire ad insegnare a casa nostra. Non è stato facile perché nel villaggio non c’era nessuno cristiano, ma sapevamo che c’erano dei cattolici nel villaggio di Huaymong a circa 10 chilometri da noi e che padre Sandro andava in quel villaggio una volta al mese. Avevo una parente, vicina di casa, che era andata a sposarsi con un’uomo di quel villaggio e quindi siamo riusciti a sapere quando il  sacerdote andava. Per andare a quel villaggio padre Sandro doveva passare davanti a casa nostra e mio papà sapendo che doveva passare lo aspettò davanti a casa, anche se non lo conosceva. Dopo diversi tentativi e dopo qualche mese, riuscì ad incontrarlo e a parlarci. Quindi padre Sandro mandò il catechista. Il catechista venne ad insegnare per circa due anni e poi ricevetti il battesimo insieme a mia mamma e mio fratello. Allora ero in quinta elementare. 

Siamo stati la prima famiglia cattolica nel nostro villaggio che era completamente buddista. Nessuno accettò il fatto che fossimo diventati cristiani, nemmeno i nostri parenti, perché non capivano le ragioni della nostra scelta. Ci rifiutarono ogni cosa. Ci tagliarono l’acqua e la luce ed eravamo tagliati fuori. Mia mamma non sapeva cosa fare e piangeva. Per fortuna mio papà era un cristiano convinto e coraggioso. Egli ci invitava a star tranquilli e ad essere dei buoni cristiani. Ci diceva che se fossimo stati dei buoni cristiani e ci fossimo comportati bene, alla fine avrebbero cambiato atteggiamento verso di noi. Se vedranno Gesù in noi, cambieranno.

Solo dopo 4-5 anni la situazione migliorò. Ma poi abbiamo avuto ancora problemi. Mio papà morì e, nonostante fosse sempre stato un uomo buono e avesse collaborato in tutto nel villaggio (anche costruire il tempio buddista), la gente rifiutò il permesso di seppellirlo nel villaggio. Mia mamma parlò anche con il sindaco, ma non ottenne nulla. Anche il monaco “parroco” del tempi buddista espresse il suo rifiuto. Padre Sandro andò a parlare e rifiutarono anche a lui. Poi si offrì a comprare la terra per seppellirlo, ma si rifiutarono anche a venderla, fosse stato anche per un milione di baht. Allora padre Sandro ci rassicurò e lo portò a seppellire nel cimitero di Lampang, dove lui risiedeva, a 60 Km di distanza. Ancora oggi è sepolto là. Prima di morire mio papà mi aveva esortato a non avere paura nonostante avremo sicuramente avuto dei problemi con la gente del villaggio dopo la sua morte, perché sarebbero venuti per farci tornare buddisti. Allora avevo circa 15 anni. Mio papà ci esortò ad essere forti, ad avere fede e ad essere disposti a buttare via tutto, ma non rigettare Dio. Se non avessimo rigettato Dio, prima o poi la gente sarebbe stata ben disposta verso di noi. Dopo più di dieci anni la gente ha iniziato ad accettarci di più e anche altre due famiglie si sono convertite. Ora nel mio villaggio siamo 3 famiglie. Quando c’è qualche celebrazione speciale, come il Natale, ci sono anche altri che si aggregano, anche se non sono cattolici. Ora hanno iniziato ad accettarci di più perché conoscono meglio la nostra fede.

Il monaco del tempio però non ci ha ancora accettato e in certe riunione parla in modo da farci star male, attaccando la nostra religione. Egli vorrebbe che tornassimo alla religione buddista. Ma mia mamma ha sempre detto che noi saremo cristiani fino in fondo. 

Nonostante don Bruno e la parrocchia abbia aiutato il villaggio in diversi modi (ad esempio per sistemare la rete idrica), il monaco ha continuato a criticare. Ma la gente ha visto che i cattolici sono solidali e si comportano bene, quindi ci accettano sempre di più.

Non è stato facile conservare la fede ed essere forti. 

 

Essere cristiani in Thailandia cosa significa?

Secondo me essere cristiani in una società a maggioranza buddista significa essere testimoni del bene, della giustizia, della carità, della compassione, della generosità. Se saremo così, nonostante siamo una minoranza, saremo come un unico corpo che permetterà ad altri di vedere Gesù nella nostra vita e piano piano cambiare un po’.

Come il Vangelo dice, noi siamo come il sale nella terra che dà il sapore. Non è importante che ci sia molto sale, basta un po’ per dare gusto. Così sono anche i cristiani: siamo in pochi, ma dobbiamo cercare di avere “sapore” e far sì che la società cambi in meglio. 

 

Raccontami un po’ della tua vocazione al sacerdozio...

Da quando ero in 4 superiore ho iniziato a pensare ad entrare in Seminario. Ma allora non avevo la possibilità di entrare in Seminario. 

Una cosa per me importante è stata la testimonianza dei sacerdoti che ho conosciuto, che dedicavano la loro vita a lavorare per Gesù, per far sì che la Parola di Dio portasse frutto. 

Sentivo che una scelta del genere può avere un valore grande e portare una gioia immensa. Tanti sono interessati ad accumulare cose esteriori e a fare soldi e non alle cose interiori. 

Poi ho avuto l’occasione di fare due settimane di esperienza dai frati capuccini. Ma ho preferito attendere per prendere delle decisioni. Quindi sono tornato a studiare a Lampag 4 anni e mi sono laureato. Gli ultimi due anni dell’università ho avuto occasione di stare in parrocchia ad aiutare don Pietro e don Bruno. Andavo ad insegnare catechismo con loro nei villaggi e alla domenica andavo a messa con loro nei villaggi. Questo al sabato e alla domenica, poi tornavo a studiare a Lampang. Alla fine ho deciso di provare a entrare in Seminario e i sacerdoti della parrocchia mi ha incoraggiato.

Alla fine ho deciso di entrare in Seminario. Non è stato facile perché i superiori mi hanno obbligato a stare in Seminario Minore due anni, nonostante avessi già 23 anni. 

 

Un’altra domanda: siamo nell’Anno della Fede. Cosa pensi circa a questa occasione che il Santo Padre ha voluto offrire a tutta la Chiesa?

Per me è un anno importante per nutrire maggiormente la nostra fede. Una cosa che per me è importante è riflettere su se stessi. Almeno due volte al mese mi fermo per fare il punto della situazione e chiedermi: come va? com’è la mia fede e la mia vocazione? C’è qualcosa che devo cambiare per fare crescere maggiormente la mia fede?

Una cosa per me fondamentale è la preghiera quotidiana. E’ una cosa a cui non posso fare a meno ed è un’occasione per crescere sempre più nella fede e nell’amore. Provo anche a pregare sempre di più e in vari modi. Cerco di essere fedele e non saltare mai la preghiera. Tutti i giorni prego. Quando ero qui in parrocchia, don Bruno mi diceva che bisogna dedicare tempo alla preghiera e che se non lo cerchiamo questo tempo alla fine non ci ne rimane e non preghiamo. E’ un tempo che va scelto ogni giorno. Mi ricordo che don Bruno tutte le sere, nonostante la stanchezza e le tante attività della giornata, andava a pregare in chiesa prima di andare a letto. Anche se era andato nei villaggi, anche se era stanco, dedicava sempre un tempo per la preghiera. 

La preghiera è importante. Si può essere dei buoni cristiani e fare molte cose solo se dedichiamo tempo alla preghiera. Perchè la preghiera ci aiuta ad avere una intimità con il Signore e a fare ogni cosa con Amore, perchè facciamo tutto per il Signore. 

Non c’entra essere seminarista o sacerdote, questo dipende dalle persone, ma la cosa importante è la preghiera. Se saltiamo la preghiera tante cose nella nostra vita si complicano e nascono problemi perchè interrompiamo la nostra relazione con il Signore. 

Dobbiamo nutrire la nostra fede con la preghiera. Non possiamo testimoniare ciò che non crediamo o non viviamo. 

Tutte le cose devono avere come centro la nostra fede e questo è possibile grazie alla preghiera. La nostra fede poi risplenderà nelle nostre opere.