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gen 5, 2021
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Il saluto di don Attilio prima del rientro in Italia 
dic 25, 2020
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Il giorno di Natale è trascorso sereno, ma anche qui la pandemia ci ha costretto a ridimensionare la festa.
apr 9, 2018
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Marzo e Aprile qui in Thailndia è tempo d'estate e .... di campiscuola
Croce di Aquileia
 

Anno Nuovo vita nuova

 

Se la vita e’ nuova vuol dire che e’ piccola, che ha bisogno di essere alimentata e sostenuta. Per questo nella festa del Songkran - anno nuovo thailandese - ci sono vari riti che vogliono esprimere questo bisogno di sostegno e di alimento.

Uno si realizza portando al tempio dei lunghi pali, adornati e inghirlandati: serviranno  per sostenere i rami dell’albero dell’illuminazione (Bodhi tree) che si staglia imponente davanti a ogni tempio,  in modo che non si spezzino all’arrivo dei forti venti.

Un’altro cerimonia e’ finalizzata a “prolungare la vita”, prolungarla almeno per un altro anno... cosi’ anno dopo anno se sei fedele nel compiere il rito puoi vivere a lungo.

E’ il primo giorno dell’anno ed entro nel mio tempio di Huakhua: noto che c’e’  gia’ una palizzata, un muro di rami attorno alla pianta della vita: puo’ venire il monsone piu’ violento che di certo non cade. Il tempio e’ tranquillo, troppo tranquillo, anche perche’ non e’ ancora stato nominato il nuovo parroco.

 

Giunge pero’ dall’altra riva del fiume il canto insistente dei monaci... li’ sembra esserci piu’ movimento. E difatti stanno celebrando il rito del “prolungamento della vita”. La scena che mi si presenta mi riporta alla mia fanciullezza quando alla sagra di Cologna andavo a contemplare gli “autoscontri”: tante automobiline che si muovevano alimentate da un bastone che si agganciava a una rete elettrica. Guai a perdere il contatto con la rete: non ti muovevi piu’, eri morto! Tutti a sbatterti contro, di qua e di la’...

Difatti all’interno del tempio c’e’ come un soffitto, una rete di treccie di cotone cui scendono fili bianchi da avvolgere ottorno alla testa dei fedeli radunati: all’inizio di tutta la struttura c’e’ la mano del Buddha che da’ energia. 

Io con la telecamera in mano mi avvicino piano piano, per non creare cortocircuiti,e alla fine entro nel tempio e mi sistemo all’ultimo posto, accanto al muro, sperando che nessuno mi noti.

Speranza vana. C’e’ un filo bianco, uno solo che penzola inutilizzato. Vedo il sorriso immenso di una pia donna che mi tende quel filo e mi invita con gesti a legarmelo alla testa. Se avessi piu’ capelli mi risulterebbe piu’ facile ... con i pochi che mi restano non riesce a star saldo, scivola dalla testa alle orecchie e poi si slega, non fa ben contatto, temo scintille. Risolvo di tenere la testa ferma, il collo teso e lasciare il filo appoggiato... non e’ ben legato ma un po’ di contatto lo fa.

Io tengo la testa ferma, il collo rigido ma lentamente con le mani cerco la telecamera e armeggio finche’ riesco ad farla funzionare... il paesaggio non e’ interessante, tutti mi voltano le spalle ma la fila dei monaci e monachelli che siedono di lato e’ una bella visione. I novizi stanno facendo di tutto eccetto che cantare le preghiere, tanto e’ il parroco che ha il microfono e canta per tutti.

D’improvviso nello schermo della macchina vedo spuntare un monachello, il piu’ piccolo e rompino, che mi fa cenno ripetuto che devo tenere le mani giunte. E si’, le mani giunte e alzate fino al petto. E ora come faccio a fotografare?

Una via d’uscita c’e’! e’ vero che le mani devono essere giunte ma dentro le mani giunte ho imparato che mettono tutto quello che vogliono: un fiore, gli incensi, una bottiglietta di cocacola che succhi con la cannuccia, il telefonino per chattare... e la macchina da presa, perche’ no?

Fatto! testa ferma, collo rigido, mani giunti e ciak si gira! 

E chi lo dice che l’anno nuovo comincia bene? e’ proprio un giorno sfortunato per me, deve essere il filo che non fa ben contatto!

Da dietro infatti mi si accosta una megera, una ar-pia troppo pia che mi sibila: “You can’t take picture here!” . A un imperativo cosi’ categorico non mi resta che deporre le mani e rialzarle orfane della videocamera come se alzassi le mani davanti a chi ti punta un’arma.

Finisco di sistemarmi con la schiena contro la parete... testa ferma, collo rigido, mani giunte, schiena dritta, gambe che si informigolano che non le sento piu’... chiudo gli occhi per sentire il flusso dell’energia che scende sperando che il filo non sia conduttore di elettricita’ e che non abbiano inserito davvero la spina in una presa elettrica, altrimenti mi illumino come una lampadina incandescente.

Allo stesso tempo tento di guardarmi da fuori come se fossi un’altro e provo a immaginare come potrei apparire in un tal filmato... e rido di me della situazione in cui mi son cacciato e penso che mie foto in questa posizione, messe in rete crerebbero piu scalpore del bungabunga, e mi sarei rovinato la reputazione con nuovo vescovo appena nominato... 

Mentre avanzo tra questi pensieri, sobbalzo come per una scossa  ...”the rule is not so strick, you can take picture!” . E’ la solita megera, ar-pia donna.

Mi viene da augurarle il peggiore dei malifici, quello che ho imparato da piccolo e che suonava cosi’ nel dialetto vicentino: “che te vegna el tifo el tanfo la rogna el sgranfo! ma mi sento osservato dal Buddha che socchiudendo gli occhi mi ricorda che tutto e’ provvisorio, anche la megera... e cosi’ rimango immobile e lascio che il pali fluisca nel suo andirivieni per me ancor oscuro.

Nessuno dei presenti nel tempio si gira, tutti fanno finta di niente ma tutti sanno che cosa e’ capitato: che l’arpia prima mi ha aggredito e che poi era venuta a correggere il tiro... la signora ddavanti a me si gira e con un sorriso ampio mi consola: “guardi che puo’ fare tutte le foto che vuole”, ma io ho deciso di fare come la statua del Buddha che non si muove neanche quando gli gettano l’acqua addosso nel giorno del songkran.

Tace il pali, la gente esce: anno nuovo, vita nuova ora robusta e caricata di energia.