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gen 5, 2021
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Il saluto di don Attilio prima del rientro in Italia 
dic 25, 2020
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Il giorno di Natale è trascorso sereno, ma anche qui la pandemia ci ha costretto a ridimensionare la festa.
apr 9, 2018
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Marzo e Aprile qui in Thailndia è tempo d'estate e .... di campiscuola
Croce di Aquileia
 

Racconto di don Paolo

Questa l'omelia che don Paolo Zaramella, diacono della diocesi di Padova, ha tenuto in parrocchia dopo l'esperienza vissuta nelle nostre missioni. Un racconto che nasce dal cuore e dalla vita. Grazie don Paolo!

 

 

 

 

 

 

«In Thailandia te vè?»... «In mission in Thailandia?»... Alcune battutine più o meno esplicite e maliziose hanno accompagnato i giorni precedenti alla partenza del viaggio che con i miei compagni di Seminario ho fatto a Bangkok e nella diocesi di Chang-Mai, dove si trova la nostra missione del Triveneto. Beh, un po’, vi confesso, quelle battutine, che alludevano alla triste fama di questo paese legata al turismo sessuale, mi hanno aiutato a sdrammatizzare un po’ di tensione che avevo per un viaggio tanto lungo e in posti così lontani...

Ebbene, dopo 18 giorni, eccomi qui (mi pare sano e salvo!) a raccontarvi qualcosa di un’esperienza ricca ed entusiasmante, a tratti anche dolorosa per le realtà che abbiano incrociato, a tratti appassionante e anche divertente, perché la Thailandia ha, come ogni realtà, mille sfaccettature: il paese del turismo sessuale – è vero, anche se non così diffuso come si pensa normalmente – ma anche il paese di straordinari scenari naturali, il paese della povertà delle baraccopoli (gli slums) e dei villaggi nella foresta ma anche il paese della tecnologia, dei grattacieli e del progresso industriale, il paese di un buddismo popolare a volte curioso e intrigante, e il paese di una cultura lontana anni luce, almeno apparentemente, dalla nostra ma calda, accogliente, gioviale. Non è facile, sapete, mettere un po’ d’ordine tra i pensieri, i ricordi e le immagini... Oggi vorrei semplicemente abbozzare un quadretto del mio viaggio missionario in Thailandia, prendendo spunto dalla parola di Dio.

I cristiani in Thailandia sono solo lo 0,3%, 350000 su 63 milioni di abitanti: il che significa che la stragrande maggioranza della gente non solo non crede in Dio ma non ha mai nemmeno sentito parlare del Vangelo, non sa chi sia Gesù, non capisce nemmeno il significato di una croce appesa al collo. Cosa significa lì, in quelle terre, annunciare il Vangelo? San Paolo raccomanda ai Corinzi di fare tutto per la gloria di Dio, senza cercare il proprio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza (cf. 1Cor 10,33). Beh, queste parole sono proprio vere laggiù...

E ti domandi: In cosa il Vangelo può rendere la vita davvero bella e buona? Cosa può aggiungere alla vita di queste persone che già vivono senza nemmeno conoscere il nome di Gesù? La risposta che mi son dato guardando a quello che fanno i nostri missionari e ascoltando i loro racconti è che è l’Amore ad evangelizzare, è l’Amore a parlare di Gesù, è l’Amore vero, disinteressato, incondizionato a far breccia nei cuori delle persone che incontrano e che suscita talora la domanda: «Perché lo fate?» e a volte il desiderio di diventare cristiano, di farsi battezzare. Un amore concreto, non di chiacchiere. Un amore vero, non fatto di sorrisi davanti e coltelli alle spalle, come siamo spesso abituati alle nostre latitudini: amare significa andare a trovare una persona malata, portare una tanica di acqua potabile, ospitare decine di ragazzi dai 10 ai 19 anni nei convitti, costruire una scuola o attrezzare una pompa che pesca l’acqua dalle profondità della terra, assistere le persone disabili o malate di Aids, fare due ore di jeep per andare a celebrare una Messa in un villaggio che da un mese non vede un prete.

Non è straordinario, cari amici, che in tutto questo è Gesù, il Risorto, che continua a parlare all’uomo di oggi? Non è straordinario scoprire che nell’Amore vero, dato e ricevuto, sia lui a farsi strada nei cuori malati di lebbra dell’uomo (cf. Mc 1,40), nei nostri cuori malati che attendono una mano tesa e parole di benedizione??? L’Amore vero a qualsiasi latitudine, anche qui da noi, parla già di Vangelo, sa del nome di Gesù. E scardina gli schemi di una cultura, quella buddista, che considera il povero o il malato come un maledetto, uno che con il suo karma sconta le pena di una vita precedente, per cui non ha senso prendersene cura, aiutarlo o curarlo... Invece il Vangelo proprio perché è potenza di Dio cambia la vita, altrimenti sono solo chiacchiere di uomini...

L’ultimo Sabato in Thailandia siamo andati in jeep con uno dei missionari, don Attilio, e abbiamo raggiunto un villaggio a più di un’ora da Chae-Hom, il centro della nostra missione. In questo villaggio di cento, centocinquanta abitanti ci sono solo tre cristiani, marito moglie e il loro figlio. Qui ho vissuto una delle esperienze più forti del mio viaggio. Ogni Sabato nella loro casa si riuniscono una trentina di persone, tutti buddisti, per pregare di fronte ad una croce di legno e ad un cero: cantano, pregano e leggono il Vangelo della Domenica. Strano, stranissimo vedere che persone che non sono nemmeno battezzate (che non hanno nemmeno il dovere di andare a Messa alla Domenica!) desiderano, cercano questo momento di preghiera, senza mai saltare una volta! Pregano con le parole delle nostre preghiere tradizionali, che leggono da un libretto, e chissà cosa sentono dentro di loro quando pronunciano il nome di Dio chiamandolo Padre, quando invocano il nome della Vergine Maria, quando cantano e invocano il Consolatore, lo Spirito santo, quando ascoltano le “storie” di Gesù, come noi facciamo durante la Messa. Vi confesso, mi sono ritrovato con le lacrime agli occhi a prendere parte a questo momento di preghiera, a vedere queste persone che non riescono ancora a dire che desiderano essere cristiani... ma che cercano il Signore con cuore sincero. Non è questo il germe della Chiesa? Non è questo il cuore del nostro essere di Cristo, suoi discepoli?

Con tanta nostalgia pensavo anche a noi, a queste nostre terre che sono pregne di cristianesimo per tradizione ma che forse dovrebbero oggi ripartire da qui, da questo nucleo essenziale della fede, nella preghiera condivisa nella verità e nella semplicità di una casa... Come accadeva ai tempi di Gesù: molti andavano da Gesù per essere guariti ma anche e soprattutto perché erano affascinati da quell’uomo che viveva di Dio e per Dio. Sulle sue tracce, tutti lo cercavano (cf. Mc 1,36-37), perché dalla sua bocca uscivano parole che rispondevano alle domande più profonde del cuore, dalle sue mani scorreva il balsamo della guarigione del cuore e dello spirito e dell’Amore vero, dalla sua vita e dalla sua parola emanava la luce della consolazione e della Vita piena, della vita bella e buona.

Cari amici, lì in Thailandia pensavo spesso a voi, a noi, alle nostre parrocchie, in particolare pensavo ai ragazzi e ai miei coetanei. E non vedevo l’ora di tornare qui, tra la mia gente. Chissà, magari, e questo chiedo al mio Signore, tanti contributi, riflessioni, incontri fatti laggiù possono diventare stimolo e idee per il mio cammino di questi ultimi mesi da diacono e in futuro da prete. Vorrei davvero poter dire anch’io, come suor Angela, una suora saveriana che gestisce un centro di aiuto per i bambini disabili alla periferia di Bangkok, una santa che probabilmente non sarà mai venerata negli altari ma una discepola, un’innamorata di Gesù che mi ha davvero colpito per la sua dedizione, la sua vita spesa per il Vangelo e per i poveri: «Pregate per i miei angeli – così chiamava i suoi bambini. Pregate per loro e non per me. Quando sarà ora, dite per me un l’Eterno Riposo. Adesso no, non c’è tempo. C’è troppo da fare per loro».

Di fronte a lei ho rinnovato la mia donazione al Signore e vi ripeto quello che mi sono detto tra me e me in quel giorno: Non è stupendo, cari amici, donare tutta, tutta la vita per i fratelli, specialmente per i piccoli del Vangelo?

don Paolo Zaramella